Fiume Olona inquinato, nessuna responsabilità della Tintoria Zerbi

Archiviato per mancanza di prove il procedimento contro la Tintoria Zerbi, accusata nel 2013 di essere la causa dell'inquinamento del fiume Olona.

Fiume Olona inquinato, nessuna responsabilità della Tintoria Zerbi
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Davide Cova, amministratore della Tintoria Zerbi: “Non eravamo noi ad inquinare, lo abbiamo sempre sostenuto. E ora il Tribunale ci da ragione”.

Fiume Olona inquinato, la Zerbi non c’entrava nulla

Nessuna prova e “dati raccolti ambigui”, non sufficienti a superare “senza margine di dubbio il dibattimento”. Non era la tintoria Zerbi, azienda di Lonate ceppino, la causa dell’inquinamento del fiume Olona. Una vicenda ora, finalmente, archiviata a due anni dalla richiesta del Pubblico Ministero.

Azienda portata alla chiusura

L’archiviazione del processo riabilita il nome della Tintoria Zerbi ma è solo una magra consolazione. L’azienda infatti si è trovata costretta alla chiusura, e al licenziamento degli 81 dipendenti. L’incubo iniziò nel 2013 a seguito di alcuni accertamenti che ne imposero il fermo delle attività per diversi mesi. Accertamenti sempre contestati dall’amministratore dell’azienda, Davide Cova, anche in tribunale. “Abbiamo – ricorda Cova – sempre contestato il punto dove venne prelevato il campione di acqua (alla bocca di scarico situata ben al di sotto del livello del fiume Olona e non al pozzetto ispettivo come prescritto per legge) e abbiamo sempre fatto notare come anche dopo la chiusura per tre mesi dell’attività, imposta a seguito di quei controlli, le schiume non scomparvero”. “Non eravamo noi ad inquinare l’Olona e ora ci sono degli atti giudiziari che lo confermano in maniera definitiva”, aggiunge Cova.

“Non poteva esserci alcuna prova”

“Vogliamo riscattare la nostra immagine e i valori con i quali abbiamo sempre lavorato”. L’odissea iniziata nel 2013 è alla base della chiusura della Tintoria Zerbi, nonostante l’amministratore Cova non sia mai stato rinviato a giudizio. E oggi anche il Tribunale gli da ragione. “Non vi è comunque prova – commenta – Non poteva esserci. Avevamo da poco investito nel nostro impianto di depurazione circa 2 milioni di euro. A cui bisogna aggiungere gli 1,7 milioni di costi negli ultimi cinque anni di gestione. La nostra acqua presentava valori comunque non tali da giustificare una chiusura aziendale. La storica sensibilità ambientale della Tintoria Zerbi – continua – era testimoniata da 35 anni di attività depurativa, sempre sotto stretta osservazione e sempre sottoposta a diversi controlli durante l’anno. La chiusura forzata di circa tre mesi dopo l’accertamento inevitabilmente creò i presupposti di quanto poi sarebbe tragicamente successo. Tre mesi di stop vollero dire per la società sostenere, solo tra paghe e contributi, costi per 1,6 milioni di euro, senza poter incassare nulla”.

Il servizio completo su La Settimana di Saronno di venerdì 26 ottobre.

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