"Aiutateci": parla la mamma di Stephanie, la bimba costretta in carrozzina dopo un incidente

Da tre anni aspettano giustizia per l'incidente che ha stravolto le loro vite.

"Aiutateci": parla la mamma di Stephanie, la bimba costretta in carrozzina dopo un incidente
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Ieri la mamma residente a Venegono Inferiore ha minacciato l’estremo gesto per sollevare l’attenzione sulla situazione della figlia: “Aiutateci”.

“Nessuna sentenza potrà ridarmi mia figlia, ma vogliamo giustizia”

Tre anni di attese, di fatica, di lacrime. Di conti da far quadrare, di speranze. Speranze tra le quali per una sentenza continuamente rimandata dalle lungaggini della giustizia. “Sono morta dentro”. A parlare è Clarice Sousa, la mamma che ieri, in un disperato tentativo di muovere l’attenzione sulla storia della figlia Stephanie, ha minacciato il suicidio dal cavalcavia di Venegono Inferiore. “Non l’avrei mai fatto – spiega – Non posso nemmeno permettermi di morire”. Il calvario per la sua famiglia è iniziato tre anni fa quando la figlia, che all’epoca aveva 7 anni, è stata investita. “Il pullman non si era fermato nello stallo di sosta ma lungo la strada, senza il marciapiede e senza illuminazione – racconta – Stefany è passata dietro per attraversare la strada è un’auto l’ha colpita in pieno”. La piccola è finita in coma, e da allora è costretta su una sedia a rotelle, disabile totale. “Ma è viva. Studia, fa i compiti, è anche un po’ biricchina. Sorride sempre, lei c’è. Anche se non sarà più come prima”. L’udienza del processo che dovrebbe far luce sulle responsabilità di quell’incidente, e sbloccare quindi (si spera) i soldi delle assicurazioni, nei giorni scorsi è stata rinviata alla prossima primavera, dopo diversi slittamenti dovuti ai cambi del magistrato.

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“Non ce la facciamo più”

Quel giorno è cambiato tutto. La famiglia di Stephanie ha dovuto cambiare casa, trasferendosi non senza difficoltà da Malnate a Venegono Inferiore. Nel frattempo la piccola, uscita dal coma, ha dovuto subire diverse e complicate operazioni, e altre ne aspetta. Il tutto con le continue visite e gli appuntamenti periodici da logopedisti e fisioterapisti, la necessità di dispositivi medici costosi, l’affitto della casa attuale e il mutuo di quella vecchia che non si riesce a vendere. “Non ce la facciamo più – continua Clarice – Siamo nelle mani di Dio. Aspettiamo. Aspettiamo la giustizia, aspettiamo che scorrano le liste d’attesa per l’operazione, aspettiamo di riuscire a trovare gli specialisti di cui lei ha bisogno, aspettiamo che si liberi un posto nelle strutture che possano aiutarla a migliorare. Lei ha sempre il sorriso in volto, ma senza tutta l’assistenza di cui ha bisogno sta facendo passi indietro. E fa davvero tanto male”.

L’intervista completa su La Settimana di Saronno di venerdì 16 novembre. 

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