Morte sorelle Agrati, parla l'avvocato del fratello indagato per omicidio volontario

Ecco le dichiarazioni del legale di Giuseppe all'indomani della riapertura del caso sull'incendio del 2015 costato la vita alle due donne

Morte sorelle Agrati, parla l'avvocato del fratello indagato per omicidio volontario
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Morte sorelle Agrati, parla il legale che difende Giuseppe, il fratello delle vittime, unico sopravvissuto all’incendio del 2015  e ora indagato per omicidio volontario aggravato e incendio.

Morte sorelle Agrati, parla il difensore del fratello indagato

Si torna a parlare del caso della morte di Carla e Maria Agrati, le due sorelle che hanno perso la vita nell’incendio scoppiato nella loro abitazione di via Roma la notte del 13 aprile 2015. Unico sopravvissuto il fratello Giuseppe, 74 anni: fino al 2018 era indagato dalla Procura di Busto Arsizio per omicidio colposo e il pm aveva avanzato la richiesta di archiviazione del caso, avocato ora dalla Procura generale di Milano che lo ha di fatto riaperto indagando il fratello Giuseppe per omicidio volontario aggravato e incendio: per questo la mattina di venerdì 22 marzo 2019 si sono svolti nuovi accertamenti proprio nei locali dell’incendio.

“Siamo nella fase di indagine e vige il segreto – afferma l’avvocato Desirée Pagani che difende Giuseppe Agrati -. Quello che posso confermare è semplicemente che, a seguito dell’opposizione di un familiare contro la richiesta di archiviazione proposta dalla Procura di Busto Arsizio, e il fascicolo è stato avocato da Milano che ha riaperto il caso, con nuove indagini, dall’inizio. Oltretutto lo stato dei luoghi è come prima, non c’è stata nessuna modifica e attendiamo tutti l’esito delle indagini”.
Torniamo a chiedere all’avvocato informazioni sulla posizione del suo assistito sul conto del quale l’accusa è ora di omicidio volontario aggravato e incendio: “Su questo non rilascio nessun tipo di dichiarazione”. E aggiunge: “Siamo in una fase di indagine, mi auguro che venga confermato quello che la Procura di Busto Arsizio aveva già verificato ossia che non vi erano prove contro il mio assistito”.

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